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    Esistono davvero le intolleranze alimentari?

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    Esistono davvero le intolleranze alimentari?

    Si legge di tutto rispetto alle intolleranze alimentari: c’è chi dice che esistano solo quelle permanenti e chi parla delle transitorie. Sappiamo che la celiachia è una malattia autoimmune, ma esistono intolleranze alimentari di tipo transitorio? Abbiamo voluto vederci chiaro e ci siamo rivolti alla Dott.ssa Danila Toni.

     

    Cosa sono le intolleranze alimentari?

    Le intolleranze alimentari transitorie esistono, questo è certo. L’intolleranza alimentare transitoria è un’intossicazione dovuta alla troppo frequente assunzione di un determinato alimento; si manifesta con sintomi fastidiosi, molto sfumati talvolta, come eritemi, chiazze, mal di testa, gonfiore, prurito, ecc., ma che si possono cronicizzare continuando l’assunzione di quel determinato alimento.

    Ad oggi non esistono test diagnostici per le intolleranze che siano validati, anche se vi sono studi clinici che possono far ben sperare per il futuro.

     

    Come si curano le intolleranze alimentari?

    Il metodo a oggi più efficace per determinare un’intolleranza alimentare resta il diario alimentare stilato dal soggetto e studiato dal nutrizionista; si tratta di uno strumento fondamentale che consente di monitorare le abitudini alimentari del soggetto per un periodo di 7-10 giorni. Raccoglie non solo l’elenco quotidiano degli alimenti ingeriti, ma anche le quantità, fattori molto importanti per le valutazioni condotte dal nutrizionista poiché l’intolleranza è dose dipendente, ovvero si manifesta in misura proporzionale alla dose di sostanza assunta. A quel punto il nutrizionista leggerà le abitudini alimentari del soggetto e l’alimento che più spesso risulterà sulla tavola sarà il principale imputato dell’intolleranza.

    Fatto questo, però, non si procederà con l’eliminazione dell’alimento verso il quale si è intolleranti, poiché le diete di eliminazione che si protraggono per un periodo prolungato rischiano di rendere il soggetto allergico verso quello stesso alimento. La soluzione sarà la cosiddetta dieta di rotazione, che prevede l’assunzione dell’alimento, per esempio, un giorno sì e tre no, con dinamiche che dipendono dalla gravità e dal grado di intossicazione e da altre valutazioni, derivate dall’anamnesi del soggetto.

    La durata della somministrazione della dieta di rotazione per il  soggetto è determinata dalla gravità della sintomatologia, quindi dal grado di intossicazione che egli manifesta, e si protrae fino alla scomparsa dei sintomi, comunque per un periodo minimo di 4-6 settimane; al termine si procede con una dieta di reintroduzione fino a riportare l’alimento sulla tavola in maniera regolare.

    Dal momento in cui, quindi, il soggetto risulterà disintossicato dall’alimento individuato potrà assumerlo al pari degli altri, a patto di ricordare di variare la propria alimentazione ogni giorno.

     

    Dott.ssa Danila Toni 
    Biologa nutrizionista specialista in psico-neuro endocrino-immunologia, nutrizione clinica, nutrigenetica, nutrigenomica e nutrizione anti-aging

     

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